SPAGNA 1

3 LUGLIO 2011

Entriamo in Spagna a Irun, raggiungiamo San Sebastian che era la nostra meta di oggi ma la ricerca di un posto di sosta non dà frutti e allora andiamo oltre. L’impatto con la Spagna è stato particolare. Almeno qui sulla costa basca le indicazioni sono piuttosto precarie. Non è difficile capire lo spagnolo, ma sicuramente ci aspettavamo qualcosa di diverso. Raggiungiamo un lungomare dove è impossibile sostare, una bella baia chiusa di un isolotto ma il traffico ci spinge, e go.

La nostra carta ci dice che a Getaria c’è un’area di sosta, non senza qualche impiccio seguiamo la statale 634, superiamo Zarauz, ritroviamo la costa e raggiungiamo questo paesino di quattro case davanti a un isolotto che è stato attaccato artificialmente alla costa ricavando un porticciolo e un parcheggio. Niente posto, e andiamo oltre. Spiaggetta con parcheggio, spazio troppo ridotto per il Mizar, e niente. Una curva secca a sinistra, e spunta finalmente una bella piazzola a picco sul mare.

Fermi in faccia al tramonto. Niente acqua né servizi, ma abbiamo fatto scorta a mezzogiorno e siamo tranquilli. La strada è praticamente deserta, scende la notte e restiamo noi e il mare che spumeggia là sotto.

 

 

4 LUGLIO 2011

Prima alba in Spagna, a Getaria. Dormito benissimo, partiamo presto perché ci siamo già resi conto che se vogliamo essere il 7 a Finisterre dobbiamo galoppare. I km non sono tantissimi ma le strade sono piene di curve e saliscendi come e peggio che in Grecia. Il programma prevede di cercare un posto bello e tranquillo dove fare il bagno. Dalla carta vediamo che la statale a Deba lascia la costa, e allora decidiamo di proseguire sulle provinciali, andando un po’ all’avventura.

Prima sosta verso le dieci sulla spiaggia di Saturraran nel comune di Ondarroa. Quattro ore in riva al mare, poche persone in acqua molte a giocare sulla fascia scoperta dalla bassa marea. Dobbiamo fare un po’ di spesa, ma i negozi sono già chiusi. Allora ci spostiamo a Lekeitio, dove dovrebbe esserci un’altra spiaggia. All’inizio del paese un grande parcheggio prima che comincino le strettissime viuzze del centro, ma molto fuori mano, praticamente in un cantiere.

Cambiamo progetto e cerchiamo di avvicinarci a un punto più panoramico e l’abilità di Mirella qui tocca il top, perché arriviamo all’unico rettilineo degno di questo nome, strada abbastanza larga con stalli lungo il marciapiede, passeggiata e parco giochi con vista sul mare. Che è laggiù, in fondo alla rupe su cui siamo piazzati. Circolare per il paese basco è da via di testa. Il 70% delle indicazioni sono in lingua basca. E la lingua basca non rassomiglia per niente a nulla di conosciuto. Facciamo pranzo alle quattro del pomeriggio, e abbandoniamo definitivamente l’ipotesi di esplorare questo aspro territorio, molto affascinante ma altrettanto ostico.

In un’oretta siamo a Bilbao, dove becchiamo l’autostrada A8, ovvero l’Autovìa del Cantàbrico, che da qui in avanti non si paga. Prima sosta tattica sull’Area de Descanso Cantabria, molto ampia e agevole, acqua in abbondanza e servizi in buono stato. Un altro centinaio di km, Área de Servicio de Caviedes e seconda sosta tattica per cena, bel paesaggio ma l’area è un po’ una desolazione, anche se pulita e tranquilla.

È ora di preoccuparci per la notte. Usciamo a Celorio, dopo una cinquantina di km in cui il viaggio sulla A8 diventa assolutamente spettacolare avvicinandosi al mare e superando con larghi viadotti le profondissime baie del Mar Cantabrico. A Poo abbiamo l’indicazione di un parcheggio, andiamo a vedere ma non ci convince è troppo nell’interno e pare di essere su uno stagno. Così ci rimettiamo in pista, e vediamo all’ultimo momento una spiaggia lunga e mare aperto. Usciamo dall’Autovìa e torniamo indietro per acchiappare la statale AS-263. E così, mentre il cielo alle nostre spalle si è già fatto scuro, becchiamo quello che fa per noi: una splendida e ampia piazzola ai piedi di una rupe, e davanti il rosso del tramonto.

5 LUGLIO 2011

Seconda alba in Spagna. Sarà stata la fortuna del camperista edonista che non si arrende, e segue il motto “mai la prima”: certo questo è il migliore dei posti che ci potevano capitare. La spiaggia di San Antolin, di sabbia molto fine e compatta, è lunga quasi due chilometri, e larga una cinquantina di metri. A ovest c’è una riva sabbiosa con le capanne di una scuola di surf. A est una scogliera popolata da capre, che danno il nome al fiumiciattolo che divide in due il litorale. In mezzo, centinaia di gabbiani che fanno piazza pulita dei molluschi arenati nella bassa marea. Bagnanti, se così si possono chiamare le persone attrezzate con maglioni e jeans che prendono il sole evitando accuratamente di toccare l’acqua, non più di dieci. Niente acqua né servizi. Ma chissenefrega.

La tentazione di fare un tuffo è fortissima, ma preferiamo astenerci perché tira un’aria gelida. Svegliati tardissimo, verso le 10 il mare riempiva la piccola baia, e decidiamo di aspettare la bassa marea, che verso le 13 scopre lo scoglio qui davanti pieno di piccole ma gustosissime cozze, che finiscono rapidamente in padella. Alle 15 e 30 il flusso ricomincia all’indietro, il mare ha raggiunto il punto minimo e ora sta risalendo. Il mare si è mosso e anche noi lasciamo questo bell’angolo di mondo, ringraziando San Antolin per il bel regalo, un paio di chili di ottime cozze di scoglio.

Torniamo sulla A8. Sosta veloce nell’area di El Montico, una foto in corsia d’emergenza a Ballota per i 2000 km. Verso le 19 lasciamo l’autostrada in direzione di Lugo, seguendo la statale 640 che si inoltra nell’interno. Siamo in Galizia, e come è radicalmente cambiato il paesaggio naturale rispetto a quello della costa cantabrica, anche il paesaggio umano assume caratteristiche che ci incuriosiscono. Sosta tattica nel paesone di A Pontenova per fare un po’ di spesa in un minimarket, poi attraversiamo una zona collinare e veniamo attratti da una specie di area di sosta libera su una curva dopo l’abitato di Meira, dove ci piazziamo per cenare.

Sono ormai le nove e mezza di sera, il sole è sparito da un pezzo. Non contenti dei quasi 300 km fatti nelle ultime 4 ore, decidiamo di superare Lugo e spingerci verso Santiago, che dista circa 120 km. Ci fermerà l’oscurità totale delle strade deserte della Galizia, che ci impedisce di renderci conto delle possibilità di sosta, a meno di volersi fermare negli slarghi destinati alle fermate dei bus.

La notte incombe, sfilano a fianco della strada le caratteristiche case galiziane. Mirella procede decisa, sembra che non accusi la stanchezza, anche se la strada diventa tortuosa e buia. Finalmente, dopo un lungo tratto di campagna quasi senza accenni di presenza umana, su una svolta dopo una laterale scarsamente illuminata da fiochi lampioni in mezzo ai boschi ecco una tettoia, una fontana, un parcheggio. Siamo nel tratto finale del Camino di Santiago, e questa è l’area dell’Albergue de Peregrinos de Santa Irene. Bel posto, forse troppo vicino alla strada, che è abbastanza trafficata. In ogni caso, anche stavolta siamo assolutamente soli. E anche stavolta abbiamo spento il motore alle soglie della mezzanotte. Abbiamo passato una mezza giornata di totale relax, e ci voleva; ma l’altra mezza macinando una montagna di km di cui buona parte su strade statali.

6 LUGLIO 2011

Terza alba in Spagna. Il paesello, di cui non c’è traccia se non nel pannello “voi siete qui”, si chiama El Pino, in gallego O Pino. In pratica, abbiamo fermato il Mizar in punto info del Camino di Santiago, lungo la statale 584. I cartelli del Camino sulle strade li abbiamo incontrati praticamente da che siamo in Spagna, spesso con l’indicazione dei possibili attraversamenti da parte di pellegrini. Siamo in mezzo a un bosco di eucalipti, non ci sono a vista né edifici né paesi, solo questa cappella, l’ostello, e una fontana monumentale.

Non abbiamo il tempo di esplorare, e in definitiva siamo su una statale, che verso le otto e mezza è già piena di traffico. Fa freddo. La fontana è tutta pasticciata e dà poca acqua. Spunta un sole languido che non scalda, e con una certa calma ci muoviamo verso Santiago, che dista solo una ventina di km. Santiago non ci ha preso, un po’ perché pioveva, un po’ perché non abbiamo trovato da parcheggiare, un po’ perché era assolutamente necessario portarsi avanti se volevamo dormire a Finisterre. Ci avviamo con decisione per la AC-550, verso la Costa da Morte, che si rivela aspra e incantevole con il suo mare selvaggio.

Dopo circa 100 km, sosta tattica a Muros, paesone di pescatori dove notiamo centinaia di persone a pesca di molluschi nella bassa marea. Bello, ma non ha senso fermarci qui per pranzo. La costa sembra piena di baie e ci sembra impossibile che non ve ne sia qualcuna raggiungibile. Infatti dopo una decina di km, superato Louro eccoci a un bivio che spedisce diritto verso una lunghissima e larghissima spiaggia.

La località si chiama Anchoradoyro, la spiaggia Praia de Lariño. C’è una pineta sulla destra della strada che scende alla spiaggia, e a sinistra un’area di cantiere, dove sembra che si stia per realizzare un insediamento. Accostiamo all’ombra dei pini, e ci godiamo qualche raggio di sole mentre bolle l’acqua per gli spaghetti. Molto vento. Le rocce tra l’arenile e la strada, e quelle delle montagne che la sovrastano, sono di granito rosa. Un paesaggio molto simile a quelli visti in Bretagna. La spiaggia, di sabbia bianca finissima, è piena di gabbiani. Attrezzata con doccia, sul lato nord termina con una scogliera e un grande faro.

Dopo una lunghissima passeggiata a piedi fino al faro, sistemato su uno sperone di roccia che comprende chiari strati vulcanici, approfittiamo della doccia nonostante il vento freddo. Alle cinque e mezza ripartiamo, fermandoci qualche minuto al faro dove avevamo notato la presenza di una fontanella, per fare il pieno di acqua.

Lasciamo Lariño e in un’ora circa arriviamo a Finisterre (in gallego Fisterra), che è la meta della giornata e dell’intero viaggio, oltre che il chilometro zero del Camino di Santiago.

Vista l’ora tarda non perdiamo tempo nel paese, molto affollato, tranne una sosta tattica presso la bella chiesetta di Santa Maria das Areas, del XII secolo. Sono ormai le 20, e sta calando il sole. Ci portiamo al Capo e al Faro, parcheggiamo nella piccola area destinata ai camper (ce ne sono fermi altri quattro) e in posizione molto favorevole, con l’intenzione di restare lì per la notte.

Facciamo un giro turistico per circa un’ora, in mezzo a una gran folla di pellegrini e no. Un po’ di delusione, soprattutto per lo stato deprecabile delle scogliere cosparse di immondizia e tracce di incendio, ma certamente è valso il viaggio. Torniamo al Mizar che è quasi notte, un coglione ispanico ci si è piazzato davanti togliendoci tutto il panorama. Con una manovra ardita Mirella schiva l’ostacolo e sistema il camper in modo da godere il panorama durante la cena, con vista su entrambi i lati del Capo. Il vento si fa più forte, e mentre ceniamo decidiamo di tornare indietro a cercare un punto più favorevole, protetto e soprattutto solitario.

7 LUGLIO 2011

Quarta alba in Spagna. Ieri sera eravamo partiti tardissimo. Mentre scende la notte passiamo Ameixenda, Quilmas, ma il mare è irraggiungibile e nessun posto sembra adatto alla sosta. E dunque, come spesso succede, all’altezza di Panches: «Basta, adesso prendo la prima a destra e per oggi chiudo!» Buio totale. Dopo meno di un km la strada finisce in un piccolo spiazzo, dove c’è già un altro furgone; una piccola casa disabitata sulla destra e lì davanti, praticamente nelle ruote anteriori del Mizar, subito il mare. Massimo silenzio. Al risveglio, scopriamo di esserci piazzati in una larga baia rocciosa, ai piedi delle montagne di granito rosa. Il suo nome, che scopriremo dopo consultando carte più dettagliate, è Praia de Insuela. Come in altre spiagge della Galizia c’è doccia e fontana.

Svegliati da uno scroscio improvviso di pioggia, la notte è stata sussurrata dalla canzone del mare. Dopo due stagioni nei Balcani e in Grecia in questo modo selvaggio, ormai siamo dei veri esperti. Il posto è davvero bello, solitario e tranquillo, una specie di approdo di un villaggio sistemato sulle propaggini di una montagna di granito rosa, molto particolare, il Monte Pindo. Bellissima passeggiata tra gli scogli in un paesaggio che sembra fermato nel tempo: viottoli contornati da bassi muretti a secco, case basse dai tetti in pietra, macchia mediterranea (sull’Atlantico!).

Oggi è il mio sessantesimo, bisogna festeggiare. Qui non c’è assolutamente nulla, e verso le 11 ci spostiamo a sud. Dopo una rapida puntata al Faro de Monte Louro, a ora di pranzo siamo di nuovo a Muros. Il paese è abbastanza caratteristico, e abbiamo mangiato bene e speso poco in una trattoria da pescatori. Sosta nell’ampio parcheggio del porto. Relax nelle stradine e tra gli ormeggi, e poi si va, con l’obiettivo di entrare prima di sera in Portogallo.

Ci riusciremo, e faremo anche a tempo a renderci conto della straordinaria efficienza del Soccorso Stradale ispanico, che abbiamo dovuto chiamare per lo scoppio di un pneumatico al km 97 della Autopista del Atlàntico. Meno di un’ora tra il momento dello scoppio, la chiamata dal telefono di emergenza, l’intervento del mezzo di soccorso, la sostituzione del pneumatico con quello di scorta contenuto in una gabbia sotto lo chassis del Mizar (operazione che con tutta la migliore buona volontà non avremmo mai potuto fare da soli) e la partenza verso un gommista per riparare il danno. Costo dell’intervento del mezzo di soccorso: zero. Ce la caviamo con un nuovo treno anteriore, passaggio al posteriore dell’anteriore, e la gomma superstite a sostituire quella di scorta, troppo liscia per continuare. Ancora una mezz’ora, a Tui l’autostrada finisce e ci dirigiamo verso il ponte che fa da frontiera.

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