FRANCIA 2024

MARTEDÌ 2 LUGLIO. Eravamo partiti da casa ieri, e dopo aver fatto una breve tappa al Rifugio La Capanna di Clavière, entriamo in Francia verso le 17 dal valico di Montgenèvre. Il programma stavolta è abbastanza preciso: abbiamo deciso di concludere il nostro giro del periplo della coste della Francia puntando alla Côte d’Argent nel golfo di Guascogna e da qui risalire almeno fino all’estuario della Gironde, anche allo scopo di implementare la nostra collezione di fari; ed abbiamo anche scelto di prenderla larga, scendendo verso la Côte Camarguese e la Côte d’Améthyste e poi risalendo lungo i Pirenei. Abbiamo anche deciso di prendercela comoda, evitando le autostrade: abbiamo tutto il tempo e la voglia di goderci i bei panorami francesi alla scoperta di posti nuovi, e nessuna fretta di arrivare; e stabilito di fare, oltre alla solita fermata notturna in campeggio ogni 3 giorni per carico e scarico e bucato, giorni una fermata lunga di almeno una giornata di pausa ogni 8-10 giorni di viaggio.

A Montgenèvre prendiamo la solita N94, veloce sosta tattica a Briançon per la solita boulangerie, e subito verso Savines-le-Lac. Superato lo spettacolare ponte sul Lac de Serre-Ponçon ci fermiamo in una bella piazzola che avevamo già notato in altri viaggi. Rapida cena, si sta facendo sera, il luogo è veramente molto accogliente e passeremo qui la notte.

MERCOLEDÌ 3 LUGLIO. Ripartiamo con calma verso le 10, la nostra meta non è lontanissima. Qualche km dopo Chorges imbocchiamo la D942 verso sud, in direzione della A51, ma arrivati all’imbocco di La Saulce-Tallard saltiamo l’autostrada e subito dopo Sisteron ci infiliamo in strade locali attraversando le alture della Provenza abbellite da una splendida fioritura di lavanda. Ed è proprio a ridosso di un profumatissimo campo adiacente la D950 che troviamo una bella area picnic addossata a uno stagno, forse una risorgiva come ce ne sono tante in questa zona. Il posto si chiama appunto L’Étang, 1 km circa dopo l’abitato di Revest-du-Bion. Dopo la pausa pranzo, verso le 14 riprendiamo la strada con decisione ma con un percorso piuttosto accidentato puntando a Carpentras; da qui scendiamo verso Avignone dove troviamo finalmente la bella D970, che ci porta a Saintes-Maries-de-la-Mer.

Questa è la seconda volta nella località forse più romantica della Camargue. Nonostante il caldo, ma in assenza di zanzare forse per il forte vento, resteremo fermi qui due notti, passando una bella giornata a spasso per la città, affollata ma accogliente e piena di profumi accattivanti.

VENERDÌ 5 LUGLIO. Dopo una puntata alla boulangerie a pochi passi dall’area camper, lasciamo la nostra postazione verso le 9:30, puntando a ovest verso Aigues-Mortes, che anche stavolta superiamo senza riuscire a trovare un buco per parcheggiare; poi verso il traffico caotico di Palavas-les-Flots, dove ci allontaniamo dalla costa troppo ingolfata per i nostri gusti puntando a Montpellier per andare a beccare la D613. Come spesso succede, all’altezza di Gigèan un cartello ci induce a una deviazione: è anche ora di pranzo, e una sosta ci sta. Così scopriamo quel piccolo gioiello dell’architettura religiosa medievale costituito dai resti ben conservati dell’Abbaye Saint Félix-de-Montceau, struttura benedettina del XII secolo eretta sul massiccio calcareo della Gardiole, immersa nella macchia mediterranea. Come ieri all’Etang, siamo i soli a goderci la frescura dei pini e dei lecci, in un silenzio rotto dal canto perpetuo delle cicale e dal fruscio del vento sulle chiome degli alberi. Le rovine hanno un grande fascino, il percorso è ben segnalato e il giardino è curato amorevolmente da una associazione di volontari. Dall’alto delle mura, lo sguardo si allarga fino ai Pirenei. Un posto veramente magico.

Verso le 15 riprendiamo la strada. Non abbiamo fretta, abbiamo un centinaio di km alla meta di stasera, così torniamo verso la costa; superiamo indenni il traffico di Sète, da qui proseguiamo lungo la bella statale sulla duna verso Marseillan-Plage, superiamo Bèziers dove prendiamo la D609 verso Narbonne, un po’ congestionata per il traffico del primo fine settimana di luglio. Verso le 18, l’obiettivo di oggi è raggiunto: Peyriac-de-Mer. Si tratta di un minuscolo paese nei pressi della zona umida protetta dei Marais de Saint-Louis e dell’Etang de Bages-Sigean, affacciato su una antica salina attiva fino al 1970, le cui vestigia sono oggi valorizzate attraverso una serie di percorsi attrezzati con passerelle in legno. Arriviamo mentre il cielo si rannuvola, il che non ci impedisce di fare un primo giro di ricognizione dopo aver parcheggiato il Dinghy nella ben segnalata e molto economica area attrezzata a ridosso del campo sportivo appena fuori dal villaggio. 8 euro per 24 ore, servizi igienici, docce, carico e scarico presso gli spogliatoi dl campo sportivo. Comincia a piovere, meglio tornare a cuccia e preparare cena.

SABATO 6 LUGLIO. Sveglia abbastanza presto, ha piovuto forte tutta la notte e nel Dinghy c’è abbastanza freddo. Dopo colazione, una lunga passeggiata nelle saline immerse in una nebbia leggera, molto interessante ed istruttiva. Il sito è veramente affascinante, e molto ben curato: vale il viaggio.

Verso le 11, la strada chiama: abbiamo prenotato una sosta in camping nel cuore dei Pirenei e non vorremmo arrivare troppo tardi. Torniamo a Narbonne e imbocchiamo la D6113, che all’altezza di Castelnaudary si accosta al Canal du Midi, e approfittiamo di un parcheggio per fare sosta tattica e pranzo. A Villefranche-de-Lauragais svoltiamo a sinistra verso la D622, che si inerpica fino a Saint-Sulpice-sur-Lèze (dove giriamo i primi 1000 km) e poi scende verso la valle della Garonne, che attraversiamo a Capens. A Boussens imbocchiamo la D817, ossia la vecchia nazionale che collega Toulouse a Bayonne, superiamo Saint-Martory, che avevamo visitato nel 2011, e proseguiamo fino a Montrèjau, antico borgo fortificato eretto su una altura che domina la confluenza dove la Garonne, scendendo dai Pirenei, incontra l’affluente Neste e volge il suo corso a est. Abbandoniamo la statale scendendo a fondovalle, costeggiamo un bel laghetto e superata la Neste ci inerpichiamo per una stretta strada locale fino alla nostra meta per la notte, il Camping Le Rural. Simpatico e accogliente, economico e spartano, interamente ombreggiato da castagni secolari; la maggior parte degli stalli è occupata da casette stanziali. Il Dinghy è l’unico camper, e ci viene assegnata una piazzola molto ampia nelle immediate vicinanze dei servizi. Siamo sui 600 m di altitudine, nel dipartimento Hautes-Pyrénées, e si sente: dopo una doccia calda nel blocco servizi annesso alla casetta dell’accueil, torniamo al camper e accendiamo la stufa mentre fuori attacca a piovere.

DOMENICA 7 LUGLIO. Compleanno festeggiato all’alba con un ottimo croissant, l’ultimo di quelli acquistati venerdì nella boulangerie di Saintes-Maries-de-la-Mer. Quattro passi nel campeggio, dove è segnalato un castagno pluricentenario dal diametro di 7 metri e mezzo, e verso le 9:30 si parte. Dopo una ventina di km veniamo attratti da una boulangerie-patisserie a bordo di una rotonda in uscita da Lannemezan, al cui esterno spicca un banchetto volante di rosticceria, e qui facciamo provviste, anche perché osservando le mappe di park4night (applicazione che ci siamo decisi a utilizzare quest’anno in aggiunta all’abituale atlante stradale) abbiamo visto che l’area camper della prossima meta è abbastanza isolata rispetto al centro. Sono solo le 10:30, decidiamo di viaggiare per un altro paio d’ore e poi, come insegna l’esperienza di questi ultimi otto viaggi in Francia, basterà guardarsi attorno e scrutare con attenzione i cartelli che indicano siti o monumenti, dove c’è sempre un parcheggio o un piazzale, e spesso una vera e propria area attrezzata per la sosta. Così è infatti: superate Tarbes e Pau, nel pieno di una rotonda subito dopo l’abitato di Lacq il classico cartello bianco con il simbolo del patrimonio storico ci indirizza verso il Chateau de Morlanne. Il percorso su strade secondarie è ben segnalato ad ogni incrocio, e in meno di mezz’ora siamo sull’ampio piazzale del parcheggio a ridosso del castello.

Dopo la tirata di due ore e mezza sulla statale, anche Kira si sgranchisce le zampe nei prati di libero accesso che contornano il maniero, e subito dopo facciamo onore agli spiedini comprati stamattina. Per digerire, ci sta una passeggiata al castello, che si rivela un sito pieno di fascino. Edificato nel XIV secolo su una motta artificiale, aveva un ruolo strategico importante perché da qui si poteva controllare tutta la Guascogna, all’epoca dominata dagli inglesi. Con la conclusione della guerra dei cent’anni la sua funzione militare venne a cessare; passò di mano molte volte, finché fu abbandonato finendo in macerie. Nel 1970 fu restaurato e reso visitabile da Raymond Ritter, uno studioso di storia e grande collezionista di oggetti d’arte. Tra le altre opere, è qui conservata una veduta di Venezia opera del Canaletto (XVIII secolo).

Terminata la visita, verso le 16:30 ripartiamo in direzione di Orthez, dove becchiamo di nuovo la D817 seguendola fino a Bedat. Qui prendiamo la Route de Dax (D33); il paesaggio comincia a diventare piatto e in lontananza si intravedono zone paludose. La strada taglia per qualche km la foresta di protezione, e d’un tratto spunta come dal nulla la fitta schiera di casette basse che formano l’abitato di Capbreton. Strade abbastanza larghe e scorrevoli finché attraversiamo la periferia, il traffico si infittisce verso il centro ma riusciamo a cavarcela agevolmente nel dedalo di viuzze e sensi unici, e verso le 19 riusciamo a trovare posto nell’affollatissimo enorme piazzale assolato dell’Aire de Camping-Cars de Capbreton. Si tratta di un vero e proprio parcheggio riservato ai camper, 130 stalli ampi e ben delimitati, dotato di tutti i servizi (bagni, docce, carico e scarico, elettricità) a ridosso di una splendida spiaggia libera ai piedi di una vasta duna. Il prezzo è più che regolare (15 euro al giorno in alta stagione). Il centro con i suoi negozi è distante, ma la mattina passa il furgoncino del pane.

Anche se siamo abituati a starcene per conto nostro, l’affollamento non è per nulla fastidioso, anche perché appena fuori dal parcheggio domina l’immensità dell’altissima duna che si perde in lontananza verso il il confine con la Spagna. La vista e soprattutto il profumo dell’oceano dopo una lunga giornata di viaggio è un grandissimo regalo di compleanno.

LUNEDÌ 8 LUGLIO. Sveglia abbastanza tardi. Il sole è alto, ma la frescura della brezza ci invita a fare lunga passeggiata verso il centro città, su un bel sentiero protetto dalle classiche “ganivelles” in castagno. Ci fermiamo ben prima, scendendo in riva al mare nei pressi dei resti di una fortificazione del Vallo Atlantico che il gioco della marea e lo spostamento della duna ha fatto miseramente crollare. Sic transit gloria mundi.

Sembra incredibile, la vegetazione è scarsissima e molto bassa eppure questo venticello leggero e fresco rende piacevole questa sistemazione, tanto che decidiamo di fermarci un’altra notte.

MARTEDÌ 9 LUGLIO. Un po’ prima dell’alba la musica del mare mi invita a fare un’altra passeggiata. Da est a ovest, la vista spazia sulle onde, e il vento non cessa mai di tirare, fresco e per niente fastidioso.

E giunge l’ora di partire per una nuova meta. Torniamo sulla D810 in direzione nord-est, e dopo aver fatto il pieno di gasolio e un po’ di provviste nel centro commerciale di Tyrosse, a Saint-Geours-de-Maremme entriamo nella A63 per un tratto tra due stazioni di pedaggio, uscendo a Magescq. Qui ci infiliamo sulla D10E, abbastanza stretta e poco frequentata, e a Castets deviamo sulla D5, attraversando ampie ed ininterrotte coltivazioni di pini. Sosta tattica nel primo luogo abitato che incontriamo, il villaggio di Uza, situato sull’incrocio dove la D5 confluisce nell’incrocio tra la D66 e la D41. C’è un bel parcheggio a ridosso di un piccolo parco nei pressi della chiesa di Saint-Louis d’Uza, molto pulito e molto spazioso, con stalli ampi e ben delimitati. Dopo pranzo imbocchiamo la D41 verso il nostro obiettivo, Contis-Plage, dove park4night ci segnala un’area camper nelle immediate vicinanze del faro, la terza delle mete culturali prefissate. Purtroppo nell’area non c’è posto, e ci piazziamo su uno sterrato lungo la strada che dal faro porta alla spiaggia. Il Phare de Contis, situato a metà strada tra Biarritz e Arcachon, edificato nel 1863, alto 42 metri, è immerso nella pineta di protezione, su un’altura situata a circa 1 km dal mare. Pioviggina, e dopo una rapida visita alla torre, scendiamo per dirigerci verso la spiaggia, anche qui caratterizzata da una altissima duna sovrastata in parte da una schiera di abitazioni di cui onestamente non capiamo il senso. Il mare è molto mosso, e sulla spiaggia alcuni impavidi surfisti sfidano onde e vento in uno scenario veramente impressionante. Dalla sommità della duna, il faro spicca nella foschia.

Tornati al Dinghy, un paio di agenti della Municipale ci avvertono con molta cortesia che il posto dove abbiamo parcheggiato è riservato alle autovetture, e ci consigliano di spostarci poco distante, sull’Avenue du Phare, dove a bordo strada c’è una banchina larga abbastanza da ospitare un TIR. Così facciamo, ma dopo cena ci viene voglia di portarci un tratto avanti verso la meta di domani, così mentre il cielo si fa sempre più scuro rifacciamo i 20 km che ci separano dal parcheggio di Uza, dove passiamo la notte.

MERCOLEDÌ 10 LUGLIO. Mi svegliano le campane della chiesa, che è chiusa perché pericolante, ma evidentemente il campanile funziona ancora. Ha smesso di piovere, e con la solita calma verso le 10 ci rimettiamo in pista. Probabile meta di oggi la Dune du Pilat con il Camping de la Dune Les Flots Bleus, dove eravamo stati nel 2019; ma la zona è stata investita da un devastante incendio nel 2022 e quasi sicuramente non sono ancora state ripristinate strutture e servizi. Viaggiando sempre nella bella campagna del Pays-de-Borne, punteggiato di stagni e di ampie foreste, puntiamo verso Biscarrosse-Plage, dove appunto inizia la lunga strada costiera che viaggia tra la foresta e il mare, finché, nel bel mezzo di una rotonda a Parentis-en-Borne, vediamo un cartello che indica “lac-plage-ports“, e, come è tipico del camperista edonista, si cambia programma: svolta a sinistra e vediamo di che si tratta. Come spesso succede, abbiamo una gran fortuna: in pochi minuti la strada ci porta a un parcheggio gratuito e senza divieti di sorta, a bordo lago, nei pressi di una spiaggetta e di un piccolo stagno pieno di ninfee. Ottima postazione per la sosta tattica anche se non è ancora mezzodì e alla fin fine abbiamo fatto solo una sessantina di km, ma ci sta.

Bella passeggiata su questa specie di lungo pontile che si inoltra nel lago, sicuramente formato da un fiume che ha perso lo sbocco a mare stoppato dall’immensa duna costiera. Un rapido spuntino, e si riparte puntando decisamente a ovest, verso il mare. Come previsto, superata la foresta tra Biscarrosse e Biscarrosse-Plage, il percorso della Route d’Arcachon attraversa ampie zone devastate dagli incendi, e la vista delle macerie del camping Les Flots Bleus ci riempie di tristezza. Una rapida consultazione dell’atlante, tutta l’area della Bassin d’Arcachon è piena di campeggi; con l’aiuto di park4night scegliamo un municipale a Gujan-Mestras che sembra abbastanza economico rispetto alla media dei prezzi in questa zona, che è tra le più care e affollate di Francia. Potremmo sorvolare e proseguire cercando ancora da qualche parte uno spiazzo in libera, ma l’esperienza passata ci dice che difficilmente troveremo; la successiva meta fissata in partenza, ovvero il Lége-Cap-Ferret, è comunque troppo lontana per i ritmi che abbiamo stabilito di tenere in questo viaggio. Verso le 16 raggiungiamo il Camping Municipale de Verdalle, pieno ma non pienissimo, una piazzola c’è, ed anche abbastanza vicina al blocco servizi. Prezzo forfait alta stagione 35 euro, credo che sia in assoluto il nostro record: però il campeggio è davvero bello e ben tenuto, ben concepito, piazzole molto ampie e ben ombreggiate, servizi in ordine. Da una delle uscite si accede a un sentiero che in 5 minuti porta a una spiaggia libera dotata di servizi igienici e doccia. Staff molto accogliente e cortese. Come da programma, staremo qui due notti.

GIOVEDÌ 11 LUGLIO. Ha piovuto tutta la notte, e ci attende una giornata di tutto riposo. Cioè no: sia al mattino che al pomeriggio, belle passeggiate lungo il Sentier du Littoral in direzione ovest verso i marais solcati da ruscelli salmastri e in direzione est verso la Plage de la Hume e lo sbocco a mare del Canal des Landes.

VENERDÌ 12 LUGLIO. Fa abbastanza freddo, e ci si sveglia con molta calma. Colazione, rapidi preparativi e alè, in marcia. Dopo aver attraversato una serie di paesi grandi e piccoli costeggiando la baia, alle 12 fermiamo il Dinghy in un piccolo parcheggio gratuito dotato di servizi igienici, con divieto di sosta notturna ai camper, e in pochi passi a piedi siamo in cima alla duna che sale dalla Pointe du Cap Ferret, per godere del profumo selvatico del luogo ma soprattutto ammirare lo spettacolare paesaggio della costa di fronte, sovrastata dalla Dune du Pilat.

Una lunga passeggiata sul sentiero sabbioso, torniamo al Dinghy e decidiamo di avvicinarci al sito del faro, per fare pausa pranzo e successiva visita. Strade strette con una viabilità piena di contorcimenti, e con non poca fortuna troviamo un posto libero e ombreggiato sulla larga banchina di Avenue de la Douane, a 100 m dal mare, a 150 dal pittoresco Village des Pêcheurs, a 500 dal faro, che raggiungiamo dopo una balade profumata di ostriche e di pini.

Il Phare de Cap-Ferret fu eretto nel 1840. Si trattava di una torre alta 47 m con un’elevazione complessiva di 51 m, ed una luce bianca fissa. Distrutto dagli occupanti nazisti in ritirata nel 1944, fu ricostruito nel 1949. La costruzione attuale è una torre tronco-conica in muratura liscia bianca, la cui parte superiore è dipinta in colore rosso. Misura 52 m di altezza e conta 258 scalini. Dopo un rapida visita all’esterno – troppo lunga la coda dei turisti – e l’acquisto di un bellissimo libro sui fari di Francia, torniamo al Dinghy attraverso i vicoletti in mezzo alle casette dei pescatori.

Alle 16:30, di nuovo in marcia. Nel giro di tre ore per 139 km raggiungiamo il parcheggio dell’imbarcadero del Bac du Verdon-sur-Mer, sulla Pointe de Grave (o Pointe de la Gironde). Il progetto di massima prevedeva infatti di cambiare strada rispetto al 2019 facendo per il lungo la riva sinistra dell’estuario della Gironde, che l’altra volta avevamo percorso sulla riva destra, scegliendo l’itinerario più vicino al mare lungo la D3, più lento ma sicuramente più piacevole. A Lasparre-Médoc incrociamo la N215; entrati in Le Verdon-sur-Mer troviamo immediatamente le indicazioni per l’area camper, molto bella, ampia e ben attrezzata, ma purtroppo satura. Un gentilissimo camperista francese ci indica come alternativa questo parcheggio; una sistemazione un po’ precaria visto che siamo in un parcheggio per autovetture con stalli abbastanza stretti, ma a ridosso di uno spiazzo erboso. Il parcheggio, gratuito, è nei pressi di un porticciolo da diporto, ed è dotato di servizi igienici e fontana. L’imbarcadero è a meno di 500 m, idem il faro che è proprio là di fronte ed è il terzo che abbiamo nella nostra lista dei luoghi da toccare in questo viaggio, cinque finora.

SABATO 13 LUGLIO. Dopo aver spostato il Dinghy all’ombra nella zona alberata del parcheggio dell’imbarcadero, facciamo una lunga passeggiata sul molo, fino al piccolo fanale che segnala l’imboccatura occidentale della Gironda, ai cui piedi si stende una larga spiaggia sovrastata da una duna, meno imponente di quelle viste finora, che nasconde alcuni bunker tedeschi. Protetto dalla duna, si erge un monumento eretto nel 1947 sulle macerie di quello che era stato inaugurato nel 1938 per ricordare l’aiuto delle truppe americane alla Francia durante la prima guerra mondiale. Nella stessa area, una stele ricorda l’Operazione Frankton (7-12 dicembre 1942), un audace colpo dei Royal Marines inglesi sbarcati da un sommergibile proprio a ridosso della punta e trasferiti su cinque kaiak con l’obietti di risalire l’estuario fino al porto di Bordeaux e minare le navi tedesche alla fonda. L’operazione riuscì, anche se dei 10 marines ne sopravvissero solo 2. Da qui, torniamo indietro al Phare de Grave, che è ancora chiuso. A Alto circa 29 metri, eretto tra il 1823 e il 1860, è molto caratteristico con la sua torre quadrata bianca e le catene angolari nere. Nel parco antistante è esposta l’ultima lancia in legno che faceva la spola tra la Pointe de Grave e il faro di Cordouan, che si staglia su un banco sabbioso in mezzo al mare a un paio di km dalla spiaggia. Nei pressi del faro, costeggiamo il terminale della linea ferroviaria che fin da 1902 collegava Bordeaux alla Pointe de Grave, dove già all’epoca esisteva un regolare servizio di traghetto. Attualmente, la linea è attiva solo nel periodo estivo.

Alle 10 saliamo sul battello, che in circa mezz’ora ci porta a Royan. Attraversiamo senza grande fatica il porto e la città, e in un’altra oretta – di cui almeno un quarto d’ora passato a cercare un posto nel grande ma affollatissimo parcheggio nella Forêt domaniale de la Coubre, raggiungiamo il sesto obiettivo di questo viaggio, il Phare de la Coubre. Situato in alto sulla punta omonima, alto 64 metri, fu edificato nel 1895 sull’altura che sovrasta la duna molto mobile che chiude a nord l’estuario della Gironda.

Sono già le 12. Visitiamo il piccolo Museo, molto interessante, ma non ce la sentiamo di scalare i 300 gradini. Una breve passeggiata nella macchia a ridosso dell’area del faro, poi torniamo al Dinghy, un velocissimo spuntino e subito ci spostiamo verso nord, percorrendo la D25 circondata dalla pineta. Il quinto obiettivo è infatti un altro faro sulla punta settentrionale dell’Île d’Oléron, la seconda più grande isola del territorio metropolitano francese (la prima è la Corsica), collegata alla terraferma da un viadotto costruito tra il 1964 e il 1966. In circa mezz’ora il paesaggio cambia totalmente, e superata la foce della Seudre la strada costeggia una distesa di marais e immense coltivazioni di ostriche e molluschi di ogni tipo. Verso le 13 imbocchiamo lo spettacolare viadotto, lungo quasi 3 km, e dopo aver attraversato rapidamente l’isola, in meno di mezz’ora eccoci alla meta che già prima di partire avevamo individuato per il pernottamento, l’Aire de Camping-car du Moulin a Saint-Denis d’Oléron. A prima vista sembra molto affollata, ma abbiamo la fortuna di beccare un posto all’ombra di un immenso pioppo e a meno di 50 m dal blocco servizi dotato di ogni confort. Bella, molto ampia, prezzo più che onesto per un’area che a parte la dimensione degli stalli è realmente paragonabile a un camping. Nel pomeriggio una bella brezza rinfresca l’aria, e si sta proprio bene: decidiamo di prendercela calma, resteremo qui due notti.

DOMENICA 14 LUGLIO. Festa nazionale. Sveglia alle 8, fa quasi freddo, fuori pioviggina. Nessun problema, si va lo stesso in centro, che è a un quarto d’ora a piedi, a cercare boulangerie per fare scorta. Sorpresa, nella piazza del Municipio c’è un mercato pieno di bancarelle variopinte, e ne approfittiamo per un tuffo nel mondo dopo una settimana o più di vita solitaria.

Torna il sereno, e ci inoltriamo nei vicoli del villaggio, spingendoci fino al Port de plaisance, a circa 1 km dal centro.

Rientrati al Dinghy dopo circa 3 ore di giringiro, gustiamo le specialità acquistate sugli accattivanti banchetti gastronomici e ci dedichiamo a un pomeriggio di assoluto riposo, senza dimenticare di mettere a punto il programma di domani.

LUNEDÌ 15 LUGLIO. Abbiamo scoperto che la Comunità dei Comuni dell’isola di Oléron ha attivato una navetta turistica gratuita che collega praticamente tutti i centri con ben 5 linee interconnesse. Con molto acume, le fermate sono in corrispondenza delle aree e dei numerosissimi campeggi, collegandole alle spiagge e ai monumenti oltre che ai vari centre-ville. Così, puntualissima, la nostra navetta arriva alle 9:44 proprio davanti all’ingresso dell’area, e in una decina di minuti siamo a destinazione.

Il Phare de Chassiron, arroccato su una scogliera rocciosa, è il terzo di Francia per anno di costruzione (1685); alto 33 metri, fu completamente rifatto nel 1834, elevandolo agli attuali 50. Sovrasta un tratto di oceano pieno di insidie, il Pertuis d’Antioche, compreso tra l’Île de Ré a nord, Oléron a sud e il tratto di costa tra La Rochelle e Rochefort a est, disseminato di scogli e noto per i tantissimi naufragi che vi sono avvenuti. Il faro è immerso in un bellissimo giardino botanico ricco di varietà di piante e fiori, soprattutto rosai, le cui aiuole disegnano una rosa dei venti. All’interno di una delle vasche in muratura che formano le punte della rosa dei venti si trova una riproduzione in lamiera del vascello Port-Calédonia, vittima dell’ultimo grande naufragio avvenuto nei pressi del faro. La torre è posta su una struttura circolare che ospita un piccolo Museo, le cui sale sono dedicate alla pesca e all’agricoltura, che furono per centinaia di anni le sole risorse degli isolani.

Ci prendiamo due belle ore tra la visita al faro e una veloce ma proficua ricognizione nella vicina brasserie e nel negozietto Le grenier à sel, gestito da produttori di sale proveniente dal marais salant di Port des Salines, all’altro capo dell’isola. Un veloce spuntino e, un po’ a malincuore, lasciamo Oléron che era fissato come il nostro giro di boa: puntiamo a nord-est verso il sesto (e ultimo) obiettivo del nostro itinerario, un castello in cui aveva soggiornato Georges Simenon durante la seconda guerra mondiale. Tornati in terraferma, attraversiamo una spettacolare interminabile distesa di stagni e paludi; giunti a Saint-Agnant imbocchiamo la D733 (quattro corsie) fino a Rochefort; da qui, la D137 (quattro corsie) fino a La Rochelle. Sono strade molto scorrevoli dove per noi non ha senso andare di fretta, perché il paesaggio è veramente gradevole e interessante, con il mare che luccica in lontananza. Superata La Rochelle e imboccata la N11, il paesaggio cambia e cambiamo anche dipartimento, dalla Charente-Maritime (Nouvelle-Aquitanie) alla Vendée (Pays de Loire), fino a raggiungere la nostra meta, l’antico borgo di Fontenay-le-Comte. Grazie a una deviazione per lavori in corso, facciamo qualche giro a vuoto in cerca di parcheggio, finché non ci imbattiamo nella bel parcheggio riservato ai camper nelle immediate vicinanze del fiume che dà il nome al dipartimento. Circondato da un bel boschetto dove Kira può sgranchirsi le gambe in libertà, a ridosso del centro storico, va benissimo per passare la notte. Ma poiché sono solo le cinque del pomeriggio, ne approfittiamo per fare due passi in paese, in cerca di una buca delle lettere dove impostare le cartoline acquistate ieri a Saint-Denis.

MARTEDÌ 16 LUGLIO. Abbiamo prenotato una visita guidata alle 11, e alle 10, con molta calma, ci avviamo verso il Château de Terre Neuve, un bellissimo edificio rinascimentale classificato monumento storico nel 1978. Fu fatto edificare dal magistrato e poeta umanista Nicolas Rapin verso la fine del XVI secolo. Passò di mano quando la famiglia Rapin andò in rovina, fino a quando nel XIX secolo venne in possesso del famoso acquafortista marchese Octave de Rochebrune, che ne modificò in parte la struttura. Il castello è ancora abitato, e circa metà delle stanze arredate con fantastiche suppellettili e bellissimi caminetti sono aperte alla visita. Intrigante, almeno per me che sono un fan di Simenon, il piccolo studio dove compose diversi romanzi, ed iniziò a scrivere la sua autobiografia romanzata, “Pedigree”.

Anche questa è fatta. Da qui in poi, sarà la strada a portarci verso casa. E la strada, come spesso succede, ci fa un bel regalo. Ci mettiamo in pista verso le due del pomeriggio, puntando a est in direzione Clermont Ferrand. A un bel momento, vediamo sulla destra un cartello che recita “Tumulus de Bougon – Suivre Pamproux”. Andiamo? Andiamo. Una quindicina di km dopo, ecco l’indicazione per Pamproux. Raggiunto il villaggio, un cartello ci spedisce sulla D5, e ben presto troviamo un bivio con una chiarissima indicazione per l’area monumentale. Stradicciola in mezzo ai campi, svolta a sinistra e sorpresa! nel parcheggio, circondato da un’alta siepe, c’è una zona riservata ai camper. Nessun pagamento, nessun divieto, servizi igienici, fontana a disposizione, perfino un tombino per lo scarico acque nere. Ok, è andata, per stanotte ci si ferma qui. Negli immediati paraggi, niente in vista che in qualche modo richiami la presenza di un sito archeologico. Ci guardiamo attorno, un pannello informativo ci fornisce alcuni dettagli sui Tumulus de Bougon, così chiamati: l’area chiude al tramonto, l’accesso è libero, c’è anche un Museo che chiude alle 18:30. Il tempo c’è, è ancora abbastanza presto. Si va? si va. Lunga passeggiata nel parco archeologico, restiamo veramente estasiati anche se la frequentazione della Francia non dovrebbe più riservarci sorprese.

Si tratta di una necropoli, individuata e scavata a metà ottocento ed acquisita dallo Stato francese nel 1875, composta da 5 tumuli sepolcrali megalitici risalenti al Neolitico, di forma circolare tranne uno che è trapezoidale, dotati di più camere di inumazione. Sia all’interno che all’esterno sono stati ritrovati utensili di vario materiale e fattura. Gli scavi, dopo una lunga interruzione, sono stati ripresi tra il 1968 e il 1987. Oltre alla vastità del complesso, colpisce l’attenzione quasi maniacale con cui è curata la manutenzione del sito, con un percorso ben segnalato e chiarissimi pannelli esplicativi. Anche il Museo, allestito nell’area di un’antico cenacolo cistercense con annessa cappella a circa 500 m dal complesso funerario, ingresso 6 euro, è tanto gradevole per l’aspetto architettonico quanto interessante per l’allestimento.

Oggi abbiamo percorso solo un settantina di km dei quasi 1000 che ieri ci separavano da casa. Ma è stata una giornata piena di cose belle, e va bene così.

MERCOLEDÌ 17 LUGLIO. Mi sveglio presto, raccolgo i miei appunti e la carta stradale e ripercorro le tappe fatte e quelle ancora da fare. Un viaggio pieno di cose e strade nuove, forse da qui in avanti sarà su piste già percorse ma non è detto. Abbiamo toccato gli otto siti nuovi in programma, anzi uno in più. Non abbiamo mai avuto caldo, anzi la notte nei Pirenei abbiamo acceso la stufa. Siamo sempre stati in totale autonomia per il vitto, ma ci siamo anche regalati una rimpatriata nella bella trattoria “Les Flots Bleu” a Saintes-Maries-de-la-Mer. Per la maggior parte delle soste notturne abbiamo usato aree o campeggi.

Alle 9 partiamo. Superata Confolens, dove facciamo una brevissima sosta tattica in boulangerie, sfioriamo uno dei siti più indimenticabili dei nostri viaggi in Francia, Oradour-sur-Glane, superiamo Limoges, e verso ora di pranzo ci accoglie una provvidenziale piazzola lungo la D979 con vista sul Lac de Viam, a circa metà strada dall’obiettivo che mi ero prefissato, il bel Camping La Bageasse in riva all’Allier, a sud di Clermont-Ferrand, già piacevolmente sperimentato nel 2021. Molto bella e panoramica la D979 con i suoi su e giù nel Massif Central, finché nel minuscolo borgo di Saint-Angel ritroviamo il ben noto tracciato della N89, ampio e scorrevole, e in molti tratti a 4 corsie. Dopo una breve sosta in vista del Parc naturel régional des Volcans d’Auvergne, alla periferia sud di Clermont-Ferrand abbandoniamo la N89 e ci infiliamo per un breve tratto in A75 fino a Issoire, dove imbocchiamo la N102. Superiamo l’abitato di Brioude, e finalmente, dopo un tappone di 407 km, arriviamo al campeggio verso le 19, facendo appena a tempo a beccare l’ultima piazzola rimasta libera.

GIOVEDÌ 18 LUGLIO. Ottima sistemazione, il campeggio non delude le aspettative, pulito e in ordine nonostante l’affollamento, per la modica spesa di 24 euro tutto compreso. Bella passeggiata lungo l’Allier, e alle 11 si parte, puntando verso Le Puy-en-Velay e poi, per non rifare la stessa strada dell’andata, passare da Valence e Grenoble, e poi inoltrarci nelle Alpi percorrendo la maestosa D1091, uno dei percorsi classici del Tour de France. Così ci ritroviamo nel cuore dell’Auvergne, una delle regioni più fascinose della Francia interna, tra boschi e pascoli, lungo una pista per noi del tutto nuova e pressoché deserta, la D15. Superato Saint-Julien-Chapteuil, è ormai ora (e chilometraggio) di una sosta tattica e un paio di km dopo il villaggio di Foumourette, all’apparenza disabitato tranne che per la presenza di un negozio di robivecchi (in francese brocante), individuiamo uno slargo all’ombra dove la strada si interseca con una pista forestale. Un’oretta di pausa ci sta tutta.

E si riparte. Scendiamo a capofitto verso la sponda destra della valle del Rodano che attraversiamo a Thornon-sur-Rhone dove prendiamo la D532 risalendo il versante di destra della bassa valle dell’Isère. Superiamo in tangenziale Romans-su-Isére e proseguiamo sulla riva sinistra. Superiamo anche la strettoia di Saint-Nazaire-en-Royans, e il ponte sul Canal de la Bourne, sovrastato da uno spettacolare acquedotto. cambiamo dipartimento, così la strada diventa D1532, e dopo Saint-Romans è circondata da ampie e ordinate coltivazioni di noci. Un villaggio dietro l’altro, dopo tre ore e 140 km una sosta ci sta: la facciamo a Cognin-les-Gorges, piccolo e pittoresco, dotato di un ampio parcheggio alberato nei pressi della chiesa. Approfittiamo per fare un po’ di spesa nella minuscola bottega; di nuovo sulla strada, oltrepassiamo Grenoble e a Vizille imbocchiamo la D1091. Sono le sette, è ora di mettere qualcosa sotto i denti, mentre la strada corre a fondovalle costeggiando l’impetuosa Romance. Attraversando Rioupéroux abbiamo notato un parcheggio sulla sinistra, andiamo avanti ma non troviamo niente e allora facciamo marcia indietro. Siamo praticamente a ridosso del centro di questo paesone schierato lungo la statale, nella piazzetta del locale Museo-Biblioteca. Il parcheggio confina con l’alveo del fiume, nessun divieto, gabinetti pubblici e acqua. Un po’ da pirati piazzarsi qui, ma gli stalli sono ampi e non daremo nessun fastidio. Fatta cena, mentre annotta, decidiamo di non spingerci oltre.

VENERDÌ 19 LUGLIO. Il parcheggio, oltre a servire il Museo-Biblioteca, serve anche una piccola chiesa e una moschea. Mentre Mirella sistema il Dinghy per l’ultimo balzo verso casa, io e Kira facciamo due passi, e capisco che questo centro incassato tra due alte pareti deve aver avuto in passato una forte vocazione industriale e commerciale: prevale infatti l’architettura ordinata delle case popolari di una volta, e all’ingresso dell’abitato c’è un grande albergo dallo stile ottocentesco; i simboli sulla facciata del Museo richiamano l’industria estrattiva e metallurgica. Alle 9 in punto, si parte. La D1019 riprende l’antico tracciato imperiale della N19, di epoca napoleonica, che collegava Grenoble a Briançon e alle sue fortificazioni, e di altre strade precedenti fino alla più antica, di epoca romana. Alternando strettoie incassate tra pareti di roccia viva e tratti più ampi da cui lo sguardo può spaziare sulle cime della regione alpina dell’Oisans, la strada raggiunge i 2058 m del Col de Lautaret, che nell’aprile del 2019 avevamo valicato sotto una leggera nevicata.

Usciamo dalla Francia alle 11:15, il contachilometri segna 2860; entriamo in Italia alle 11:20, alle 11:30 fermiamo il Dinghy al Rifugio La Capanna di Clavière.

Il viaggio non finisce qui. Gireremo i 3000 verso le 16:40 lungo la A4 Torino-Trieste, km 43. Alle 18:30, raggiungiamo casa e mettiamo a riposo la nostra casetta mobile, che ci ha portato in giro per diciannove giorni e 3102 km complessivi, di cui 2602 in Francia. Abbiamo cercato itinerari diversi e scoperto situazioni di grandissima bellezza, ma anche ritrovato luoghi noti e ripercorso tragitti già sperimentati. Abbiamo inanellato le mete che ci eravamo prefissi, aggiungendo le perle che ci ha regalato la strada. Questo è viaggiare.

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